Risposta a “Preghiera ad un Maiale”

Prologo

Non c’è armonia nel lento agonizzare,  nella sopravvivenza  feroce, nella sua proterva
insaziata ineluttabilità.  Non la libertà di morire,  non l’attesa dell’attimo oscuro ma luminoso del trapasso, non l’accesso alla Madre delle Madri, senza la quale nulla esisterebbe, la Morte e il suo sogno,  la Morte e i suoi veli fluttuanti, la trasparenza, l’annientamento di tutte le illusioni e le ipotesi di cui avete colmato a dismisura la mente, spargendo veleno sul Pianeta,  su noi Animali,  sopraffacendo la nostra innocente esistenza con le vostre tossine letali,  ferendo,  infierendo,  torturando.
La paura dell’Ignoto , della sua complessità, del suo ineguagliabile mistero vi muove,
vi agisce, vi trasforma in esseri non senzienti,  sanguinari feticci cui è stato da millenni
strappato il cuore.


Epistola
Qualche tempo fa ho ricevuto una lettera e una poesia a me dedicate, non esclusivamente
a me come individuo specifico bensì colta nella veste di simbolo di una intera moltitudine.
Sono rimasta sorpresa e toccata da questa inaspettata missiva non tanto per il contenuto,
inusuale,  permeato di un coinvolgimento profondo e sofferente  (so con tutte le fibre del
mio essere e del mio corpo cosa significa sofferenza),  quanto per il riconoscimento
mistico della nostra identità,  singola,  la mia,  collettiva,  la specie.
Riconoscimento di una coscienza intelligente,  dell’intensa capacità di captazione di
elementi per voi umani inafferrabili perché affetti da una acusia connaturata,  non li
ascoltate sopraggiungere da lontananze remote,  si perdono, svaniscono.
Riconoscimento di finissima sensibilità,  di una immensa attitudine percettiva, di memoria,
sofferenza,  affettività.
Queste qualità non sono che marginalmente di vostra pertinenza, non qualificano il vostro
patrimonio spirituale che incidentalmente,  non essendo in grado di farle germogliare
nella vostra anima languente, ammalata e sterile,  tanto meno potete scoprirle in noi,
vostre vittime,  ostaggi,  schiavi. Vostro cibo.
Come la gran parte degli Animali,  (tutti?) sono schiava,  più di altri? Non so,  vedete voi,
sono una Scrofa.
Una Scrofa da riproduzione.  Una cosa,  un oggetto,  brutta per di più,  con spessa cotenna e
piccoli occhi.  Voi li trovate inespressivi. Mi credete,  ci credete,  non sensibili,  non intelligenti.
Siamo  il bersaglio della vostra atonia. Della vostra incapacità di provare compassione.
Non suscitiamo pietà in quell’humus fetido che traccia l’assenza del cuore, se mai l’avete albergato
In petto. Il cuore.
In questo capannone vivo fino dalla nascita.  Senza mai poterne uscire, sgranchirmi le zampette,
sgroppare, inseguire il brusio del vento,  intiepidire il mio sangue generoso accogliendo la
carezza del sole o la requie fresca delle ombre vespertine, sotto le fronde amorevoli di alti
alberi e protettivi,  grattarmi la schiena contro la terra,  assaporare la solitudine.
Si raggela il mio cuore nel rievocare questa mancanza atroce,  questa afasia indotta dell’anima,
costretta, violata.
Siamo innumerevoli in questa orrida prigione, sporca di feci,  di sangue,  di spoglie, di pezzi,
detriti , incubi. Non possiamo fare altro che sorreggerci a vicenda,  insostenibile il trascorrere
del tempo, acre, fetido, pregnante l’odore.
Perenne il dolore,  acuminato, torturante,  mai lenito,  addolcito, compassionato,  da un sospiro,
un alito,  un pensiero, un ricordo. Eterno,  per quanto possa essere conciliabile questo tormento
con l’esperire dell’eternità.
Sopra questi capannoni  inesorabilmente lunghi e minacciosi aleggia una grande nube,  una cupola impenetrabile che voi umani (?) non scorgete.
Siete sordi al pianto e ciechi,  affetti  da una patologia funzionale,  perfettamente congeniale al risultato che deve essere conseguito.  Non dovete sentire,  vedere,  ascoltare.
Così deprivati di sensibilità sensoriali,  non vi sfiora più il ricordo di una cosa bizzarra, estraniata, estraniante,  un sentimento di cui neppure nelle storie più antiche venne narrato,  quelle in cui non eravate regista, né interprete,  né muti epigoni:  la compassione.
La Compassione.
Da quando la vostra animalità è stata mutata in umanità (?),  a vostra volta mutilati e monchi, attraverso passaggi convulsi e frenetici e spietati, siete diventati mostri.
Una metamorfosi innaturale, inintelligibile, crudele.  Siete portatori del male che infliggete,
si coniuga perfettamente con i vostri circuiti mentali, con il vostro codice guida.
Siete artefici della nube tossica che annienta la gioia e la speranza,  che uccide premeditatamente la Vita,  la sua Bellezza,  massacra sistematicamente la Madre.
Vi temo,  inevitabilmente temo la vostra indifferenza spietata,  il sadismo ragionato con cui ci trattate,  ritenendoci materiale inerte,  passivo,  stupida massa di lardo.  Vostro cibo.
Ci riducete all’immagine riflessa, quella del vostro misero vuoto a perdere,  all’incarnazione
di una ottusità efferata, la vostra, frutto di una dicotomia profonda, insanabile.
La lobotomia spegne.
L’impoverimento del vostro essere umani  (?)  ha raggiunto il fondale sporco della vostra
Identità e della sua essenza,  detriti,  relitti, pensieri e sentimenti informi, deteriorati,
la vostra anima e il suo naufragio, la sua perdita irrecuperabile perché inavvertita,  la sua
fuga dal vostro orrore,  la sua morte.
L’immagine riflessa del demone è vostra.
L’evento che più strazia il mio cuore e lo frantuma in miliardi di particelle che poi fatalmente si riaggregano per spaccarsi ancora e ancora,  è quando mi ingravidano. 
Artificialmente.
Mi tengono segregata in una gabbia di contenzione angusta a misura, per tutto il periodo
della gravidanza,  fino al parto e poi durante l’allattamento.
Non posso muovermi.  Non ho il sostegno delle sorelle ma di sbarre di ferro.
A misura.
Ci sono ditte apposite che le costruiscono. Sono la materializzazione del vostro essere più
intimo queste gabbie. 
Da quel momento,  dalla deviazione deviante del vostro processo di ominazione siete
diventati carcerieri,  aguzzini, torturatori,  mandanti e mandatari di genocidi,  mutatori e
manipolatori.
Perfezionando sempre più questo talento, rivolgendolo contro tutti coloro che si sono
opposti a voi.  A tempi alterni e con ciclicità diverse avete sempre applicato questa
strategia , replicandola all’infinito.  Odiosamente,  senza lasciare scampo alcuno.
Domando, dominando,  mutando, mutilando,  spaccando,  devastando.
Uno sterminio dopo l’altro.
I piccoli vengono alla luce
Reclusa nella gabbia di contenzione riesco infine a dare alla luce i miei piccoli.
Essendo minuscoli riescono a passare attraverso le sbarre ma vengono a me,  mi vanno
cercando come io cerco loro dalla mia immobilità sconfinata,  li cerco con lo sguardo
li chiamo sommessamente,  affinché mi stiano vicini,  il più vicini possibile,  non solo
per succhiare il latte ma anche per sentire il tepore del mio corpo, poter dormire
accoccolati o stesi sulla mia pancia o contro di me,  protezione,  maternità,  neonati.
Simbiosi che dovrebbe essere inviolabile.  Stanno, si, attaccati alle mie mammelle, ma
dall’esterno della gabbia di contenzione,  ci separano distanze siderali,  anni luce,
la dicotomia tra maternità e puro e semplice allattamento inguaribile, da voi creata,
senza l’intima adesione e aderenza che uniscono la madre animale e la sua prole
rappresentano la fine di ogni anelito.
 Sono sgomenti,  fragili,  smarriti i cuccioli nati forzatamente e brutalmente tenuti staccati
dal calore materno.
Deliberatamente.
Cose.
Merce non preziosa perché abbondante,  copiosa e grondante. Sangue
Nei loro occhi disperazione,  uno spettro buio di quesiti non formulati.
Dovrei rispondere loro quanto segue: 
siamo costine,  lombate,  zamponi,  salami,  pancetta,  coppa.
Siamo grigliate alla brace cotte a puntino dai “ padroni “.
Siamo smembrati frammenti scomposti e poi ricomposti,  ci camuffate,  ci rendete irriconoscibili e poi ci divorate,  noi e gli altri che avete reso schiavi.
Diventiamo alimento,  forniamo sollazzo,  entità sostitutive asservite,  destinate a colmare
Il vuoto miserabile, incolmabile vuoto dei vostri ventri ingordi e delle ancor più ingorde menti.
Siete predoni, ignari di avere perduto,  venduto,  distrutto tutto quanto di bello,  incontaminato e innocente vi  era compagno di vita o avrebbe potuto esserlo se non l’aveste precluso con sadica violenza.
Vi resta solo una nostalgia da annientare,  il suo odore fradicio,  la sua memoria avvizzita,
la nostalgia delle creature che eravate,  che avreste potuto continuare ad essere,  so non vi
foste trasformati in entità sanguinarie quali siete.
Sono una scrofa, rappresento il bersaglio della vostra decomposta specie,  sono l’onda profonda di oceani in movimento,  la liquida armonia con il moto dei Mondi e l’immensità di una  Coscienza di cui non fate parte.
Non vi perdono.




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