La teoria della cannibalizzazione e del gusto
Cannibalizzazione
Sostantivo di genere
femminile non pertinente all’azione che possiamo immaginare, non ha nulla che fare con l’azione di cibarsi
di un proprio simile. I cannibali
mangiano, seguendo riti elaborati, alcune parti del corpo umano, cui conferiscono un rilievo simbolico. Hanno scritto ampiamente in proposito. Mangiano carne umana, parti di carne
umana, ma non compiono “cannibalizzazione”.
Questo sostantivo è di
nuova generazione. Ne trascrivo pari
pari la definizione, una delle definizioni,
quella che mi incuriosisce maggiormente e più si addice al rapporto tra umano e
umano, tra umano e il pianeta, tra umano e animali…. “ si intende quel fenomeno per il quale il profitto
aziendale tende a diminuire drasticamente per effetto dell’introduzione sul
mercato, da parte dell’azienda
stessa, di un nuovo prodotto , ma di basso valore.”
Capisco poco di
finanza, economia, strategie di profitti e perdite. Mi sembra, però, di intendere che così si agisce,
subdolamente, quando si vuole affossare
l’azienda in toto, o deprimerne le politiche, fino all’annientamento del suo
ruolo sul mercato. Non ha un significato positivo. Neppurel’esito lo è.
Possiamo traslare questa
iniqua operazione, “cannibalizzazione”
, su una grande varietà di vittime. Ma indipendentemente “ dall’oggetto” contro cui viene perpetrata, il suo effetto è immancabilmente devastante, demolitivo,
demolitore, destruente. Non
lascia scampo. Tabula rasa. Eradicazione.
Sterminio di ogni elemento che non sia funzionale al mantenimento
del “sistema di potere” che l’ha
pianificata.
Il Pianeta Terra e la sua
prole, di qualsivoglia specie, o qualunque
sia il regno di appartenenza, è da sempre oggetto di cannibalizzazione da parte
dell’unica specie che non considero legittima, quella umana. Operazione mirata al massacro
totale, di creature, di risorse, di aneliti positivi, di empatia. Anche
l’empatia, astrazione dell’anima, viene ridotta a un rigurgito emotivo, pronto a scatenarsi in un’apparente
incontenibile urgenza, quanto a svanire
una volta rimossa la causa che l’ha evocata.
Viene praticata da
millenni, la cannibalizzazione, ma nel
corso degli ultimi secoli, grazie alla “
civiltà e al suo sodale il progresso tecnologico” ha raggiunto l’apoteosi, il Pianeta e la sua prole violati, mutilati, torturati, modificati, asserviti, uccisi, sistematicamente.
Fino a poco tempo fa, alludendo
alla Terra, agli animali, agli alberi,
alle pietre, a tutto ciò che da Lei ha origine e di cui Lei è Nutrice, la chiamavo Madre e loro sorelle,
fratelli, compagni di vita. Ora non più.
Siamo indegni di tale
appartenenza, noi non siamo suoi figli. Siamo estranei, avulsi dalla sua anima, dalla
sua carne. Traditori senza speranza di
ravvedimento, la sovra popoliamo, la spogliamo,
la spolpiamo, fameliche
mostruosità ingorde e insaziabili.
L’eventualità di una
fantomatica non consapevolezza non ci rende meno colpevoli né tanto meno
ipocritamente ci assolve. Schiavi perversi
incapaci di percepire la sofferenza
che infliggiamo.
Cannibalizzazione : il senso profondo, inequivocabile di questo termine, il suo destino, la nostra
nemesi.
La non
speranza. La desolazione.
Gusto
Ma
alla fine, che cos’è il gusto?
Il gusto è uno dei cinque sensi che
possiede l’uomo, e che gli consente di riconoscere il sapore di ciò che viene
introdotto all’interno della sua bocca.
Il gusto è sapore, sensazione; ma non
solo: il gusto è brama, desiderio, godimento.
Il gusto è chiudere gli occhi e
lasciarsi inebriare da immagini sconosciute.
Il gusto è condivisione, unione.
Il gusto è memoria.
Ma non è solo questo: il gusto è ciò che
occulta gli elementi vitali della Terra.
Una linea invisibile che connette i
nostri corpi inquinati alla Grande Madre.
È lo spettro che si fa guida delle
nostre scelte.
L’uomo nel cibo – come in ogni ambito
dell’esistenza – si è posto sulla vetta di una gerarchia personale: l’animale
mangia per istinto, per sopravvivenza; anche l’uomo mangia per sopravvivere,
ma, a differenza dell’animale, è in grado di gustare i cibi.
Vivere
per mangiare? O mangiare per vivere?
Il gusto è ingiustizia.
Il gusto è cibarsi di un corpo senza
vita, solo perché “è buono”.
Il gusto è falsità, omertà.
Il gusto è consapevolezza e indifferenza
allo stesso tempo.
Il gusto è assaporare cibi dietro i
quali si celano ingiustizia, violenza, distruzione. Morte.
Il gusto è un lusso.
Un capriccio unicamente umano.
Ma il gusto è anche il mezzo con cui
poter scegliere di non contribuire a tutto questo: è mettere in secondo piano
il gusto, per lasciare spazio alla giustizia.
Fino a che non sarà così, non potremo
considerarci “umani” che mangiano, no.
Saremo solo esseri assetati di crudeltà.
Link utili:
https://www.essereanimali.org/il-problema
https://www.animalequality.it/alimentazione/carne/
https://www.agireora.org/info/vegan.html
La teoria della cannibalizzazione e del gusto diTiziana Antico, Sara Pievani è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale.
Non uccidete il mare,
RispondiEliminala libellula, il vento.
Non soffocate il lamento
(il canto!) del lamantino.
Il galagone, il pino:
anche di questo è fatto
l’uomo. E chi per profitto vile
fulmina un pesce, un fiume,
non fatelo cavaliere
del lavoro. L’amore
finisce dove finisce l’erba
e l’acqua muore. Dove
sparendo la foresta
e l’aria verde, chi resta
sospira nel sempre più vasto
paese guasto: “Come
potrebbe tornare a essere bella,
scomparso l’uomo, la terra”.
Giorgio Caproni
versicoli quasi ecologici