Clausura infinita
È lecito definire l'indefinibile scoperta di un mondo ignoto, clausura?
Incontaminata sapienza, integrità fluttuante tra l'albore algido di una parabola e l'ineludibile suo inabissarsi, ipogea confluenza di due soli fusa in un'estasi di fuoco, liquido magma immerso nella quiete.
Sfere inanellate, gemme e nebulose, intente in un'opera di inestimabile valore, espansione senza dissoluzione, fino al punto perfetto della contrazione, inesauribili ritmo e l'arcano. Ritorno
senza eternità, oltre la cintura di Orione, nel vuoto.
Indocile, indolore quel ritorno alla materia oscura agognato l'accesso alla fonte, cella, infinito, la dove luce estrema e buio profondo, ambedue accecando, esortano. Nella fonte si compie il fato dell'esule, ogni dolore, curato, guarisce, compensando ingiustizia e crudeltà subite dall'innocente.
Miriadi di forme si fanno una, indissolubile materia immateriale.
All'Assoluto, revocando I precedenti che mi hanno condotta qui, torno.
La clausura dell'infinito è infinito, nel tramonto di ogni cosa, indipendentemente da una qualsivoglia volontà, ipotetica anche se intransigente, il gioco tra equilibrio e squilibrio si interrompe, sospeso, finirà anche il gioco.
La foto da Universoastronomia.com
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