Plenilunio
Esitante comparve
la prima luna
da un alone freddo,
da coltri
di nubi gonfie
di vento,
spumeggianti
all'orizzonte,
tersa corona
purissima gemma.
Nel silenzio,
cristallo evanescente,
il suo cuore infinito.
Emuli, tremanti
fuochi fatui,
nell'intrico di fili
e scie e raggi
plaudenti le offrirono
acrobatica una danza,
ipnotico pensiero
ascensione, riverbero
a ritroso nel tempo,
bruciante,
il desiderio di morte.
La solitudine è uno stato perfetto,
una condizione dell'anima non
necessariamente soggetta a isolamento dal mondo, ma, nella
partecipazione ad esso, custode di
un eremo segreto, un intoccabile
rifugio, incontaminato, nello spazio.
Con trepidazione si apre il sipario
del disincanto, improbo compagno dai nitidi contorni, metafisica di un
tableau vivant di inestimabile bellezza,
non racconti, né cronache, solo il
vuoto dell'infinito, il suo colmo, cantano l'agonia occulta di una specie
deviata.
Traspare la vela, ardita, da lucidi
timpani, maliziosa eloquenza errante
per i cieli, nel periplo pallido di
mondi inesplorati.
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