La casa della mamma (terzo capitolo)

È una lenta metodica incursione nel silenzio più assordante. Ossimoro commemorativo di sé stesso.
Mi è concesso udire e quindi ascoltare il respiro un po' rauco, soffiante, di uno dei due gatti invisibili. Unica traccia reale non solo della loro presenza, oscurata per loro scelta deliberata, ma soprattutto del loro "esserci". Entità vitali per quanto imperscrutabilmente in eterna transizione.  Per quanto eterna possa essere una transizione, per quanto l'eternità non sia in fondo legata alla morte. Inestricabile connubio, sacro, forse, misterioso.
L'incursione è per eccellenza rapida, mirata. A me piace vederla prolungarsi all'infinito se non fosse per una ragione molto pratica, degna di risalto. 
I gatti invisibili, amabilmente resistenti, devono nutrirsi e, finché io egoticamente mi compiaccio di sciorinare parole senza senso, non si svelano.
Prendo commiato. 
Non definitivamente,  con affetto 
profondo e una tenerezza algida i cui
sensori captano residui di sogni
mai venuti alla superficie della
coscienza, guardinghi.
Sulla difensiva.
Agli antipodi del mondo e della sua
non rintracciabile memoria.
Immagine fotografica: il Catafalco

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