La casa della mamma (capitolo IV)

Ho visto la Giullarina. L ho sfiorata da sopra la coperta e lei ne è scivolata fuori, turbata si è appostata sopra un letto in un'altra stanza. Pronta a nascondersi qualora mi fossi avvicinata oltre la sua tolleranza.
Il silenzio è, come sempre, una coltre tra me e il mondo. 
Ovattato, pulito da ghirigori
e suoni o voci. È vuoto ma
tiepido. 
Fredda aleggia la presenza
 della mamma.
Da un oltremondo intoccato
se non da auspici trepidanti, scaturiti da una ingannevole
 speranza che " non tutto finisca", non tutto svanisca, o che qualche entità o forma insostanziale perduri.
L'anima è immortale.
Sostengono.
Non può compiersi il suo pellegrinare in quell'ultimo soffio, esalato, 
ne sono quasi certa, ma lascio spazio ad un ragiovole dubbio al riguardo, con gratitudine estrema, quell'afflato con la morte.
La presenza della mamma è  imperturbata, imperturbabile
serenamente indefinita anche
se distinti i suoi margini, quei contorni che la mia memoria traduce in linee sonore ma che,
probabilmente non corrispondono a nulla che 
potrei ritenere reale struttura.
Siamo lontane anni luce.
La casa è inodore. Non conserva traccia di sostanze percettibili all'olfatto.
I gatti profumano di nulla.
Mi congedo, pervasa di nulla,
un pragmatico nulla,
 immemore.
La Giullarina. 
 

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