Trompe l'oeil (parte seconda)
Ti dipinsero sopra un muro.
Come sequenza di una vita
non plausibile ma che un certo ordine e una qualche armonia, inafferrabili e non inclini alla ricerca di eternita', andavano decantando, ordine e armonia suggestivi ma soggetti ad assorbire turbamenti travolgenti, dai quali non eri preparata a difenderti.
Disordine e caos si impadronirono dello spazio che la tua anima aveva accolto, quello spazio che a sua volta,
intangibile, incommensurabile, offriva sé stesso, senza porre condizione alcuna, a chi lo avesse riconosciuto.
Come punto di origine.
Come punto di fuga.
Come punto di arrivo.
Punti non solo affini ma
identici. Solo la fluidità di una
permanenza impermanente
li scandisce per poi unificarli.
Univoca pietra miliare, indistinguibili l'una dall'altra.
Ti scomponesti. Alla fine del tempo, sconfinando da quel
muro sul quale ti aveva dipinta, il fato?
Il caso?
Una matrice muta, ormai
sfinita, addormentata in un
sonno suadente fino all'ipnosi?
Ologramma onnicomprensivo,
solitario.
Infine giunto al limite estremo
laddove " tutto ciò che ha un inizio ha anche una fine", che
ci aggrada o meno.
Nello sgretolarsi del muro,
corroso con semplice arte
dalla transitoria iperbole del
più elevato pensare eternità,
immortalità, trasformazione
transumante, ti accorgesti
della tua stessa
destrutturazione. Cui nulla
poteva porre rimedio, non per inadeguatezza o ignavia, ma per
amore, per una pietà arcana, misconosciuta, probabilmente tradita da sempre, irreparabile.
La tua scomposizione ebbe un
effetto singolare. Da una
condizione di solitudine totale. monastica, emergesti.
La tua ombra si dissolse con te.
Nell'assoluto.
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