Il castello di carte

Quando il castello crollò,  
nessuno se ne accorse.
Era stato edificato mille anni,
diecimila o centomila anni
orsono, progetto raffinato, 
disegno di una abile mente 
speculativa, così orgogliosa
del proprio talento da restarne accecata, pur guardando 
avanti, fuori da sé, con albagia,
senza "vedere".
Trionfo',  quella mente fredda,
su ogni elemento, calpestando 
l'anima delle forme viventi,  
animate e non animate, la loro
intima essenza, vulnerabile,
la mistica origine del loro ordine
prezioso.
Fu una scelta. Funzionale al 
raggiungimento di un confine 
ideale, in realtà,  congeniale al suo
superamento, toccarne uno
ulteriore e ancor a e ancora.
Senza che potesse essere 
deterrenza il sangue versato
lungo il cammino.
Colma oceani addormentati per
il troppo dolore.
Da dove scaturirono questa visione 
del mondo e il suo oltraggioso
potere?
Venne tracciata, fu assegnata?
Fu previsto il suo fine, dominio e
distruttività? Furono ipotizzati
dissidenti?
Impassibile, insensibile, tornerà 
alla forgia che la tempro', beandosi,
compirà il dovere per cui era 
stata concepita.
Destrutturare sé stessa, dato
il fallimento implicito, non più 
favorevole alla vita. Forse mai.
Non adeguata neppure alla morte.
Così crollò il castello, perdurato
troppo a lungo, nonostante la sua
qualità di estrema fragilità. 
Nessuno si era accorto nel
corso di mille, diecimila, 
centomila anni, che era un
castello di carte.
Un soffio lo accarezzò, gentile,
travolgente.
Non ne rimase traccia, neppure i
colori vivaci delle carte, né il 
il luccichio o la memoria di chi
aveva osservato, lungo gli eoni,
in silenzio. 
Una corte di stelle, un collegio
di archimandriti privi di ombra. 
(Foto dell'Archimandrita da internet)











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